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Seppure possa in parte sembrare azzardato, cercare un nesso tra un romanzo filosofico come Siddhartha e il consumismo, farlo non è inutile. Anzi. 

Siddhartha è l’opera di Hermann Hesse più nota. Pubblicato per la prima volta nel 1922, questo romanzo ambientato in India nasconde un significato profondo molto moderno.

Il  protagonista, Siddhartha, è un giovane che vive a pieno la sua vita alla ricerca del “tutto”. Per far ciò, il giovane protagonista parte con il suo amico Govinda per unirsi a una comunità di asceti, i Samana

Per la strada Siddhartha dovrà dire addio al suo amico Govinda e anche a se stesso: infatti il giovane vivrà un periodo offuscato dai piaceri come la ricchezza, allontanandosi così dalla strada dello spirito e dall’amore, che Kamala gli aveva insegnato a conoscere, praticare a apprezzare. Ecco la deviazione cruciale: Siddhartha parte così non più alla ricerca del tutto, ma alla ricerca di se stesso.

 Siddhartha è uno e molti: ha vissuto numerose vite vivendone pur sempre una sola, passando da Samana a uomo d’affari, da traghettatore a padre.

La storia di Siddartha ha però un paradosso evidente: ad un certo punto Siddhartha si è sentito più perso e soprattutto più vuoto,proprio nel momento in cui era più pieno di beni e ricchezze. Questa caduta è un circolo vizioso: il protagonista arriva addirittura a perdere completamente la sua identità e ad allontanarsi dalla donna amata e da suo figlio.

Il romanzo non parla solo del molto, ma anche, se non soprattutto, del poco. Infatti, Siddhartha, nel corso della storia, si troverà più volte a fare sacrifici come digiunare o stare interi giorni immobile a pensare.

Queste rinunce lo facevano stare bene, nonostante la sua apparentemente potesse sembrare un’esistenza misera e infelice.

Eppure questa continua ricerca del “tutto” in qualche modo era lo scopo della sua vita, qualcosa per cui fare sacrifici e combattere.

Quando Siddhartha scopre i piaceri delle ricchezze concrete come soldi e agi, si allontana notevolmente dal Siddhartha samana che tanto lo faceva sentire vivo. Il giovane samana aveva uno scopo e sapeva chi era, mentre l’uomo d’affari diventa quasi trasparente, un nulla o poco più.

E in tutti quegli anni egli stesso ammette di perdersi. Di sentirsi costantemente vuoto fino a raggiungere la consapevolezza di voler morire, in quanto la sua vita non aveva più un senso.

 

Ed è proprio qui che l’incontro con il suo amico di una vita, Govinda, lo salva, facendogli ricordare chi era un tempo e cosa andava cercando.

Ritroverà la via della fede e scoprirà l’amore per un figlio, solo così riuscirà a sentirsi completo e realizzato.

Penso che il significato dietro questo romanzo sia molto attuale.

Ognuno nel suo piccolo va alla ricerca del “tutto” e ognuno si pone le stesse domande di Siddhartha: chi sono, qual è il mio scopo, qual è il senso della vita…

Ma soprattutto ciò che è più attuale è come le persone possano sentirsi vuote dentro e come la società ci induca a colmare questo vuoto con agi e ricchezze, che però portano solo ad una sensazione illusoria di completezza e realizzazione.

Questa è la definizione di consumismo. Comprare, comprare e comprare sentendosi sempre poveri. In quanto la ricchezza non sta nei beni concreti, nell’ultimo modello di telefono, nella villa o nella macchina costosa.

 La vera ricchezza è il trovare qualcosa che ci fa sentire realizzati e completi, che può essere la fede o l’amicizia, piuttosto che l’amore o la famiglia.

 

 

Alessandra Ronga

Studentessa della 3 LES, scrive per il blog da un anno, partecipando alla direzione. Nel tempo libero le piace leggere, viaggiare e sciare. I prossimi anni continuerà gli studi e non sa ancora quale università sceglierà.

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