Può forse un’epoca in cui si legge poco regalare ancora grandi autori capaci di lasciare un’impronta nuova all’interno di una tradizione millenaria che accompagna l’uomo dall’invenzione della scrittura sino ad oggi?
Per farla breve, possono nascere ancora grandi autori? Sì, certo.
Gli sciocchi hanno sempre inteso la letteratura solo come un inutile svago, quando, in realtà, si tratta di una necessità dell’uomo per descrivere, affrontare e immortalare la sua vita.
Tra tutti gli autori della narrativa contemporanea ce n’è uno che spicca particolarmente per stile e capacità di analisi: si tratta di Emmanuel Carrère.
Classe 1957, nasce a Parigi in una famiglia di intellettuali borghesi; da giovane ha l’opportunità di ricevere un’educazione di prim’ordine.
Inizia la carriera come giornalista per la rivista “L’Arc”, dove riesce a diventare redattore.
Pubblica i suoi primi romanzi negli anni 80, ma bisognerà aspettare ancora un decennio prima del suo vero debutto da scrittore: è infatti nel 1991 che pubblica “L’Avversario”, il suo primo best seller.
Si tratta di un libro-verità nel quale sono trattate la vita e le vicende del pluriassassino Jean-Claude Romand, vero mostro, che in un raptus ha sterminato l’intera famiglia, i genitori e persino il cane. Il libro è eccezionale: la storia vera di un uomo tanto solo quanto comune, che una realtà fittizia, che avrà la meglio su di lui e che lo porterà ad impazzire. (nota per i lettori: Jean-Claude Romand è vivo, e benchè in libertà vigilata lotta e vive insieme a noi)
Successivamente Carrere ha scritto molti altri romanzi, tra cui “Limonov” (imperdibile) e “Il Regno”, ma anche dei saggi come il più recente “Yoga”.
La scrittura di Carrère è estremamente scorrevole, nonostante i temi trattati siano sempre molto approfonditi.
Quello che distingue la sua prosa è la sua capacità di spingersi oltre i confini convenzionali della narrazione, sfidando le aspettative del lettore e mettendo in discussione le convenzioni letterarie, trattando tanto argomenti controversi quanto i tabù con franchezza disarmante.
Stilema carreriano per eccellenza è l’uso della cosiddetta “quarta persona”. Questa caratteristica tipica della sua prosa fa riferimento al particolare rapporto che crea con il lettore: Carrere utilizza sempre la prima persona (la quale non diventa mai “pesante, ripetitiva o presuntuosa”, poiché bilanciata dalla delicatezza della narrazione) e alterna la propria voce con il racconto: per quanto possa essere strana, questa caratteristica rende i libri di Carrere una sorta di confessione, che è però irresistibile.
Ciò gli consente di stabilire un rapporto molto intimo con il lettore: diventa per lui l’amico con il quale poter parlare del più e del meno al bar, ma anche il saggio al quale domandare consiglio in caso di bisogno.
Un’opera interessante è “V13”, un libro di cronaca giudiziaria non convenzionale, in cui ripercorre i tragici atti terroristici che hanno sconvolto Parigi nel novembre del 2015. Non si tratta solo del mero riassunto di tutte le udienze del processo ai terroristi, ma di una vera e propria raccolta di testimonianze, anche dai parenti delle vittime o dai superstiti.
All’interno di questo libro l’autore non può più fare uso del suo solito “io” narrativo poiché non era presente al momento dei fatti. Riesce però a sostituire questa sua caratteristica mostrandoci gli imputati e le vittime, intimando il lettore di non condannare i primi mossi dal sentimento di feroce vendetta.
Per concludere, si tratta quindi di un autore diverso da quelli ai quali siamo abituati e che, è probabilmente destinato ad entrare nei futuri manuali scolastici diventando oggetto di studio per i nostri nipoti.
buona lettura
Elisa Ottogalli
Elisa Ottogalli
studentessa di 3 LES
scrive per il blog da due anni. Nel tempo libero scrive e ascolta musica.