News dal mondo SAFA

Les poètes maudits” o poeti maledetti è un termine coniato dal poeta Paul Verlaine con la pubblicazione della sua opera omonima nel 1884, e adoperato per riferirsi a un gruppo di scrittori non conformi alla società del suo tempo: ribelli, incompresi, con circostanze di vita complesse e precarie, guidate dalle dipendenze come la droga, l’alcol e i piaceri carnali.

Paul Verlaine nasce nel 1844 a Metz, un piccolo comune nel nord-est della Francia, ma fin da subito si trasferisce e trascorre gran parte della sua giovinezza nella città considerata il centro culturale del diciannovesimo secolo: Parigi. È proprio lì che ha la possibilità di conoscere coloro a cui dedica l’opera: poeti e scrittori che, come Verlaine, inseguivano un sogno che secondo loro poteva avverarsi solo nella capitale della Francia.

Per comprendere appieno come mai le vite di questi uomini fossero così tormentate e le ragioni dell’attributo di “maledetto,” è importante capire l’atmosfera della Parigi di quel tempo.
Come i poeti che la cantano, a sua volta la città era tormentata dalle difficoltà economiche che affliggevano gli abitanti, a seguito di vari cambiamenti infrastrutturali guidati dal barone Haussmann. Quest’ultimo progettò un ambizioso piano urbanistico, demolendo gran parte dei palazzi antichi sovraffollati e costruendone di nuovi, modernizzando quindi Parigi dopo averla sventrata. Questo causò un aumento del costo degli affitti, costringendo molte persone a vivere nella miseria.

 

In molti, per scappare da questa realtà, si rifugiavano nell’alcol: andava molto in voga l’assenzio, soprattutto per il basso costo, o nella droga. Un dipinto di Degas, intitolato proprio L’Assenzio, ritrae il malcontento curato con le sostanze: una donna triste e sofferente, con lo sguardo perso nel vuoto, è seduta davanti a un bicchiere con una bevanda giallina al suo interno. Nonostante Degas volesse semplicemente scrutare la realtà nella sua essenza, il dipinto lascia intravedere la vita maledetta di questa donna.

Ed è proprio così che Verlaine e il suo circolo di intellettuali trascorrevano le giornate: spesso si incontravano nei Café di Parigi a discutere delle proprie opere, declamando versetti ad alta voce e ordinando bicchieri su bicchieri di veleno giallo, perdendosi in discorsi ormai dettati dall’alcol.  

 

Un amico in particolare gli fu molto caro: Arthur Rimbaud, un giovane libertino trasferitosi nella capitale da poco, sempre in cerca di nuovi modi per “sfidare il mondo.”

I due si conobbero grazie a una lettera inviata dal giovane: erano passati pochissimi giorni dalle nozze di Verlaine con la diciassettenne Mathilde Mauté de Fleurville quando la ricevette.
Oltre alle parole di ammirazione e ai complimenti, la lettera del sedicenne comprendeva anche alcune poesie; il destinatario ne rimase estasiato, tanto da sollecitare il giovane a trasferirsi.

Giunto a Parigi, Arthur Rimbaud venne subito accolto dal mentore. Il giovane, però, provava gelosia nei confronti di Mathilde e si comportava in maniera deliberatamente maleducata davanti a lei: mangiava a bocca aperta e faceva scherzi orribili, come mettere sostanze tossiche nei bicchieri degli ospiti. Inoltre, sapeva usare coltelli e temperini con disinvoltura, arrivando a ferire chi gli stava attorno. Eppure, Verlaine se ne innamorò perdutamente.

Un amore quasi morboso, ossessivo e totalizzante il loro, ma più da parte del mentore nei confronti del giovane.

Per Rimbaud, la loro relazione era quasi uno scherzo: Il giovane, con dieci anni in meno e la spensieratezza tipica dei sedicenni, non faceva differenza tra uomini e donne, essendo un libertino ribelle e indifferente ai costrutti sociali. Approfittò dell’ossessione di Verlaine per sostenersi economicamente e continuare a scrivere.
Spesso i due litigavano con violenza, lanciandosi addosso coltelli e altri oggetti. Al culmine della pazzia, Verlaine colpì il giovane al polso con una pistola.

Si erano trasferiti da poco a Londra, dopo una breve permanenza a Bruxelles, e vivevano all’insegna dell’alcol e della poesia. Fino a quando, il 3 luglio 1873, Verlaine tornò nel loro appartamento portando con sé un pesce appena comprato al mercato. Rimbaud, stufo della relazione squilibrata, iniziò a provocarlo, e la lite degenerò rapidamente.
Verlaine se ne andò, schiaffeggiandolo con il pesce e minacciando di suicidarsi. Quel giorno stesso, prese una nave per Bruxelles. Rimbaud decise di raggiungerlo, trovandolo in una stanza d’albergo con un revolver in mano. I due litigarono di nuovo, e Verlaine sparò al polso del giovane. Il colpo attirò l’attenzione della polizia, che arrestò Verlaine, non tanto per il ferimento quanto per sodomia.

Verlaine, disperato, uscì di prigione tempo dopo. Quando i due si incontrarono ancora una volta, Rimbaud lo respinse definitivamente, considerando il loro rapporto ormai esaurito. Verlaine tornò a Parigi, distrutto dall’amore perduto.

All’età di cinquant’anni, Verlaine si spense a causa di una polmonite nella sua amata Parigi.

Questa serie di eventi suggerisce perché Verlaine reputasse se stesso e coloro che frequentava “maledetti.” Non si tratta solo di vite segnate da dipendenze e sofferenze personali: il loro anticonformismo e il disprezzo verso le convenzioni borghesi li condannarono a una vita di emarginazione e incomprensione.

Sofia Porcescu, V scientifico

Copyright © 2023 Media Service Italia SEO & Web Design by Media Service Italia. Hosted by Media Hosting Italia