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Libertà, che parola meravigliosa! È talmente importante che fa parte dei principi fondamentali della costituzione italiana, l’art. 3 infatti recita:

“tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.”

Molte volte non badiamo al valore della libertà che abbiamo, ormai fa parte del nostro modo di vivere, del nostro essere italiani. Poter ‘fare quello che si vuole’, seppure nei limiti della legalità e della decenza, è diventata una così ‘bella abitudine’ che non sappiamo più darle il peso che merita. Non siamo nemmeno più consapevoli di quanto è costato averla ottenuta: sono state necessarie due guerre mondiali, diverse battaglie per conquistare diritti che prima erano riservati solo a pochi e molte proteste per arrivare ad ottenere la libertà desiderata.

Ad oggi non tutti i paesi, però, sono allo stesso livello dell’Italia, non in tutti gli stati il concetto di libertà è garantito alla stessa maniera.

A questo proposito, vengono subito in mente i fatti di cronaca dell’Iran, ove la libertà non è ancora un concetto così ampiamente sviluppato, soprattutto se si tratta della libertà delle donne: vige, infatti, l’apartheid di genere.

In Iran, dove vige un regime teocratico, si è tenuti al rispetto della Sharia, la Legge di Allah, che prevede fra l’altro un preciso codice di abbigliamento per le donne e gravi sanzioni che arrivano fino alla pena di morte per chi non lo rispetti. 

La battaglia delle donne iraniane contro l’obbligo del velo (hijab), che vige da quarantacinque anni, è all’ordine del giorno. Le proteste anti-governative sono sempre più frequenti a Teheran, innescate dalla morte della studentessa Mahsa Jina Amini nel settembre del 2022, dopo essere stata fermata dalla polizia morale per non aver indossato correttamente l’hijab. Questo accadimento ha smosso l’opinione pubblica iraniana (e non solo) e ha fatto scatenare un’imponente rivolta contro il governo che però ha reagito reprimendo le manifestazioni, uccidendo 600 persone e arrestandone più di ventimila; ma cosa ancora peggiore, 9 persone sono state condannate a morte per aver sfidato la Sharia.

A questo fatto, ne sono susseguiti altri non meno significativi, anche molto recenti.

Uno, lo scorso novembre, quando la polizia morale, presente in tutte le facoltà universitarie per controllare il comportamento e l’abbigliamento delle donne, ha aggredito Ahoo Daryaei, studentessa dell’università di Teheran, perché non indossava l’hijab. Per protesta, la ragazza, non solo non ha messo il velo, ma, molto coraggiosamente, si è spogliata di tutti i vestiti rimanendo in intimo e ha iniziato a camminare nell’ateneo sicura di sé, a braccia conserte, sedendosi poi su un muretto fino a che non sono arrivati a portarla via. Un gesto incredibilmente eroico che si scontra con uno dei regimi più duri dal punto di vista della libertà femminile: sopprimere l’identità della donna. La ragazza è stata arrestata e portata in un ospedale psichiatrico bollata come ‘‘malata di mente’’. Il regime islamico tratta tutte le donne coraggiose, progressiste e amanti della libertà, come “disturbate mentalmente” e quindi da ricoverare per essere curate.

Il caso più recente è successo a metà dicembre: scompare per due giorni la cantante iraniana Parastoo Ahmadi perché aveva cantato (senza pubblico), con un vestito che lasciava le spalle scoperte, senza velo, con i capelli sciolti e, successivamente, pubblicato il suo concerto su YouTube. La legge islamica vieta ad una donna di cantare, di scoprire i capelli e mostrare il corpo senza chador. Parastoo ha aggiunto un messaggio alla sua esibizione: “Sono una ragazza che vuole cantare per le persone che ama. Questo è un diritto che non potevo ignorare: cantare per la terra che amo appassionatamente.” Trascorsi due giorni si è saputo che Ahmadi era stata arrestata.

Anche Ahamadi ha assunto il ruolo di eroina sfidando il regime e le sue ferree regole per ben due volte. Era apparsa senza velo la prima volta quando aveva interpretato un album musicale dal titolo Az Khoone Javanane Vatan (Dal sangue della gioventù della nazione) e per questo era stata citata in giudizio e la sua casa perquisita. 

Cosa hanno in comune questi fatti? Si tratta di donne, giovani studentesse di Teheran, che difendono la loro libertà, che osano affrontare un regime opprimente che le considera malate mentali da curare se si ribellano alla Sharia.

Qualcosa però sta cambiando anche in Iran, infatti la magnifica notizia è che entrambe queste ragazze sono state liberate!

Le donne di tutto il mondo devono essere rispettate e godere della libertà piena e indiscussa. Ahoo Daryaei e Parastoo Ahmadi sia con le loro gesta, sia con il loro osare, rappresentano le nuove eroine della libertà ad ogni costo.

Pertanto, trattiamo con cura e rispetto la nostra Libertà che vale molto più dell’oro.

Alessandra Bazzo, 2° Scientifco

 

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